Sono trascorsi quattro anni e più, dall'inizio della mia "rivoluzione permanente". Quattro anni passati in un soffio e al tempo stesso lunghissimi. Hanno cambiato tutto, questi quasi 1.500 giorni (e notti). All'inizio pensavo che un figlio sarebbe stato un impegno più pratico che psicologico...Da affrontare con il mio granitico pragmatismo, en souplesse, insomma. Niente di più illusorio.
C'è un "prima di lui" e un "dopo di lui". Un lavoro a tempo pienissimo, nella redazione di un'agenzia di stampa nazionale, con turni dilatati fino alle prime ore del mattino, prima. Dopo: la gioia di un bambino vispo più di un grillo, ma niente più lavoro onnivoro, per colpa (o grazie?) all'inflessibilità di un'azienda (e ahimè, di colleghi maschi) che non potevano capire l'assurdità di rientrare a casa alle due del mattino e rimettersi in piedi prima delle 7. Ho girato pagina. Una realtà e dei ritmi nuovi, affrontati con la maturità e senza rimpianto per quello che mi lasciavo alle spalle, lavorativamente parlando.
Ora che le acque sono più calme, ora che cammino in equilibrio meno incerto, so bene che non ci sono più solo "io" ma mi accorgo che quell'altra vita - dolce e tirannica al tempo stesso - può contemplare anche un mio nuovo inizio. Posso tornare a scrivere. Come mi va, di quello che preferisco. Mettendo a frutto quasi vent'anni di mestiere, di amore per i fatti e le parole.
Questo vorrei fare, con il blog. Raccontare la vita, le cose, scrivere di un libro o di uno spettacolo, riferire di una questione sanitaria piuttosto che riflettere su un fatto o descrivere un nuovo gioco o un pezzo di design. Con curiosità per quello che ci gira attorno. Non solo da mamma, ma da consumatrice e da cittadina. Con leggerezza pesante...
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